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domenica 16 dicembre 2012

Pussy RIot: dichiarazione dal carcere.

 
Riportimano la dichiarazione di Nadia delle Pussy Riot imputata nel processo della scorsa estate, concluso con una condanna a 2 anni di reclusione e di lavoro obbligatorio per due delle tre attivista con l'accusa fantastica di teppismo e istigazione all'odio religioso
La scorsa estate la vicenda delle punk russe aveva destato grande scandalo. Alcuni servi italiani del clerico-fascista Putin, comodamente seduti dietro le loro tasteire, avevano ironizzato sulla condanna delle ragazze. Ricordiamo che due delle imputate sono condannate a due anni di reclusione ciascuna nelle carceri russe in Siberia, costrette a lavorare nell'industria tessile, specificatamente nella confezionatura delle divise degli sbirri. C'è poco da ridere. 
Dichiarazione:

La nostra carcerazione è servita come un chiaro e inconfutabile segno che l'intero paese è stato privato della libertà. E ciò minaccia di annichilire le forze di liberazione ed emancipazione in Russia: è questo che causa la mia rabbia, vedendo il grande nel piccolo, la tendenza nel segno, il comune nell'individuo. Le femministe della seconda ondata dicono che il personale è politico. Così è.
Il caso delle Pussy Riot ha mostrato come i guai individuali di tre persone di fronte alle accuse di teppismo possono dare vita a un movimento politico. Un singolo caso di repressione e persecuzione contro coloro che hanno il coraggio di parlare in un paese autoritario ha scosso il mondo: attivisti, punk, pop star, membri di governo, attori ed ecologisti, femministe e maschilisti, teologi islamici e cristiani stanno pregando per le Pussy Riot. Il personale è diventato politico. Il caso delle Pussy Riot ha messo insieme forze così multidirezionali che io stento ancora a credere che non sia un sogno. L'impossibile sta accadendo nella politica russa contemporanea: un esigente, continuo, potente e coerente impatto della società sul governo.
Sono grata a tutti coloro che hanno detto “Liberate le Pussy Riot!”. Adesso ognuno di noi sta partecipando a un grande e importante evento politico che il regime di Putin sta facendo sempre più fatica a controllare. Qualunque sarà l'imminente sentenza per le Pussy Riot, noi – e voi – stiamo già vincendo. Perché abbiamo imparato a essere arrabbiati e a dirlo politicamente.
Pussy Riot è contenta che siamo stati in grado di spronare un'azione veramente collettiva, e che la vostra passione politica ha dimostrato di essere così forte da abbattere le barriere linguistiche, culturali, ambientali, di status economico e politico. Kant direbbe che non vede altre ragioni di questo Miracolo se non l'inizio della morale umana. Grazie per questo Miracolo.
Nadezhda Tolokonnikov
(da "A - Rivista anarchica" di novembre 2012)

lunedì 24 settembre 2012

II Feminist-blog-camp

Il II Feminist Blog Camp sta arrivando!
Questa edizione ci accoglierà Livorno, presso l’ Ex-Caserma Del Fante, il 28/29/30 settembre 2012.
Sbarcheremo in un porto franco come pirati e corsare per una tre giorni di condivisione, seminari, workshop, proiezioni, dibattiti, musica, arte, spettacoli, reading, cultura, hacking, confronti sul desiderio e la sessualità, precarietà, migranti e molto altro. L’iniziativa è totalmente autofinanziata e sarà realizzata dalle e dai partecipanti all’insegna dell’autogestione.
Il Feminist Blog Camp è un evento che nasce dall’idea di blogger femministe e blogger disertori del patriarcato che costituiscono già una rete di attivismo antisessista nel web. Dalla assemblea plenaria che ha concluso la prima edizione è emerso il desiderio di rendere il FBC un incontro periodico, con l’apertura a nuove tematiche e nuove soggettività ma mantenendo le modalità di partecipazione e gli strumenti organizzativi che ci siamo dat*.
Come è stato per il primo Feminist Blog Camp, che si è svolto a Torino presso il Centro sociale Askatasuna, anche questo appuntamento avrà luogo in uno spazio dove l’antifascismo significa partecipazione attiva nella creazione di lotte, desideri e relazioni antiautoritarie. E’ aperto a tutti e tutte, anche a chi non ha un blog.
Il Feminist Blog Camp è immaginato, costruito, programmato in un confronto aperto e partecipativo attraverso l’uso di una mailing list di coordinamento delle e dei blogger.
Se volete collaborare all’organizzazione potete iscrivervi alla mailing list di coordinamento.
Per qualsiasi contributo, proposta, richiesta di info o necessità di ospitalità potete scrivere a: feministblogcamp[chiocciola]grrlz[punto]net
Se siete su facebook potete trovarci qui.
Su Twitter.
Il Wiki, ovvero lo strumento di elaborazione collettiva e di scrittura partecipata di costruzione del Feminist Blog Camp.
L’archivio wiki del primo Feminist Blog Camp a Torino, presso l’Askatasuna il 28/29/30 ottobre 2011.
maggiori info: Femminismo a sud

giovedì 20 settembre 2012

E. Goldman, Femminismo e anarchia

introduzione di Bruna Bianchi
Donna e anarchica, Emma Goldman rappresenta ancora oggi un’originale chiave di lettura della realtà contemporanea. Trasferendo nella scrittura l’intelligenza e la passione che caratterizzarono il suo attivismo in America, in Russia e nella Spagna repubblicana, “Emma la rossa” si presenta come una delle voci più rappresentative del movimento anarchico e femminista. Il suffragio femminile, il matrimonio, le gabbie morali del puritanesimo e il dramma della prostituzione sono alcuni degli argomenti affrontati dalla militante, che ha saputo fare delle sue idee una griglia d’interpretazione della condizione della donna. Attraverso i suoi scritti si ripercorrono trent’anni di lotta contro l’oppressione di uno Stato che, complice della religione, ha imbrigliato le potenzialità femminili nell’immagine della donna come madre e moglie asservita. Un’oppressione sessuale ed economica, quindi, contro cui Emma Goldman lanciò le sue parole di condanna «per una liberazione della donna che deve iniziare», prima di tutto, «nella sua anima».

La nuova antologia di testi proposta da BFS edizioni riunisce alcuni saggi già comparsi in Italiano e alcuni mai prima d’ora tradotti.

# Indice:


- "Il pensiero anarcofemminista di Emma Goldman" di B. Bianchi
- Nota editoriale
- Femminismo e anarchia
- L’anarchia. Cosa vuole veramente
- La tratta delle donne
- Il suffragio femminile
- Il matrimonio e l’amore
- La tragedia dell’emancipazione
- La gelosia, le sue cause e una possibile cura
- Vittime della moralità
- Indice dei nomi

giovedì 13 settembre 2012

PussyRiot, femminismo e lotta di classe ... alcune considerazioni di fine estate

laMalatesta condivide, pubblica e sottoscrive il documento del Centro di Documentazione Antagonista "la Talpa" di Roma sulla questione emersa in questi giorni sulle Pussy Riot


BREVI CONSIDERAZIONI SULLE PUSSY RIOT E SUI FARI DEL DOGMATISMO CHE ACCECANO ANCORA ALCUNI COMPAGNI E COMPAGNE.


Il caso delle Pussy Riot (PR), ha prodotto, soprattutto a Roma, una serie di esternazioni che riteniamo gravi e ingenerose e in alcuni casi pericolose. Lontani dal voler fare la lezione a qualcun altro, ci sentiamo in dovere di prendere posizione pubblicamente. Non è la prima volta che un avvenimento isolato, di per sé poco significativo, generi sommovimenti mediatici e politici, tali da chiamare in causa ogni solidale. Non entreremo neanche nel merito di come una situazione possa essere strumentalizzata o addirittura infiltrata, troppo bisognerebbe scrivere, ma sicuramente quando si fanno accuse più o meno velate bisognerebbe quantomeno fornire delle prove documentate e non lasciarsi andare a facili quanto stupide illazioni, perché questo ci disarma verso situazioni reali ambigue che purtroppo esistono.

Sappiamo poco delle PR, se non ciò che ognuno di noi ha potuto filtrare dagli apparati mass mediatici. Ma sappiamo abbastanza sullo Stato Russo e sulla sua natura e la sua attitudine imperialista, autoritaria e clerico-fascista, per non provare un’istantanea simpatia con chi, giovane e irriverente, ha scelto la strada dell’aperta contestazione, provocatoria e, tutto sommato, pacifica. Lontani dal voler proporre un’esegesi del PR-pensiero o dal fornire una critica-anti-critica del modo che hanno scelto per inscenare la loro protesta, ci rendiamo però conto che la piccola provocazione punk-femminista-situazionista ha suscitato, come spesso accade, una serie di reazioni che sono andate molto al di là della vicenda stessa. Basti pensare che giorni fa, in Russia, un serial killer ha ucciso 2 donne e ha scritto free pussy riot sul luogo del delitto.

Non ci prestiamo a impantanarci nella vacua e francamente squallida e volgare polemica estiva che ha coinvolto alcune aree del cosiddetto “movimento”, che in un calderone senza capo né coda hanno infilato un po’ tutto, mostrando una confusione latente e un disorientamento di fondo, che alimenta nuovi pasticci interpretativi e che favorisce l’incunearsi di atteggiamenti reazionari e bigotti, nonché l’affacciarsi di tendenze rosso-brune. La riflessione, però, si apre da sé, andando ben oltre la vicenda delle PR e coinvolge alcuni irrisolti sui quali le italiote sinistre (estreme e non) continuano a incaponirsi.

Ebbene, la critica femminista (di cui le PR si sono fatte a loro modo portatrici), con tutte le sue sfumature, come al solito, infastidisce e suscita reazioni scomposte, lasciando balbuzienti presunti lottatori di classe, spesso più inclini ad accodarsi alle burocrazie sindacali che ad agire direttamente. Riteniamo invece che, in un regime che si configura tanto patriarcale quanto capitalista, la critica di genere, nella sua autonomia, possa arricchire e contribuire a un deciso passo in avanti nella liberazione dallo sfruttamento del capitale, come, d’altra parte, siamo convinti e convinte che l’analisi di classe possa sostenere la determinazione femminista, soprattutto nelle sue correnti rivoluzionarie e antiborghesi. Pur non essendo tutti noi necessariamente marxisti, rivendichiamo alcuni assunti del materialismo-storico per i quali, più di 5.000 anni fa, proprietà privata della terra e dei mezzi utili alla produzione e dominio patriarcal-famigliare sorsero, non a caso, insieme e, da questo punto di vista, orientiamo le nostre forze interpretative.

La spocchia pretestuosamente classista e presuntamente anti-imperialista, ma in realtà incapace di cogliere le contraddizioni di fondo del modo in cui viviamo, continua ad arenarsi e infrangersi su questi scogli. Come d’altronde non riesce a uscire dalla logica banale per la quale il nemico del mio nemico sia in qualche modo mio amico, fino a ritrovarsi a braccetto con qualche dittatorello in nome di non precisate convergenze geopolitiche o giustificazioni d’altro tipo. La critica antimperialista come la scienza geopolitica meritano uno sforzo intellettuale maggiore di ciò che, in questi giorni, leggiamo in rete.

Non diamo lezioni a nessuno tanto meno ci interessa coinvolgere chicchessia nelle nostre riflessioni, ma non possiamo tacere di fronte a tanto minimalismo teorico e a un tale riduzionismo delle esperienze e delle idee. Rimaniamo sorpresi/e (ma non troppo) da un utilizzo così disinvolto di suggestioni interpretative che elevano un lessico destrorso ad assunti materialistici. L’oscenità pratica e intellettuale di voler confondere la terminologia tanto cara all’estrema destra, quale occidente e occidentale (che, di per sé, sono solo una limitata e imprecisa espressione geografica) con una categoria interpretativa ci lascia perplessi, poiché apre all’infiltrazione del cancro rosso-bruno che, proprio, su tale confusione, fa sempre più leva per proporsi negli ambiti antagonisti, coincidendo spesso con cripto-stalinismi tanto ridicoli quanto sempre più spudoratamente reazionari. Del resto, ci sembra che abbiano ben poco di classista e leninista affermazioni come la seguente: “Quanto all’antimperialismo, è la diretta conseguenza della scomparsa del concetto di lotta di classe nei movimenti. L’antimperialismo infatti altro non è che lotta di classe declinata a livello internazionale, la lotta di classe fra paesi. E’ ovvio dire che Russia, Cina e Stati Uniti condividono il medesimo sistema di produzione e di asservimento che combattiamo. Meno ovvio è dire che, fra questi, si sta giocando una lotta di classe evidente fra un polo imperialista occidentale e uno orientale, in cui però quello orientale ha l’oggettiva funzione di proteggere (per suoi scopi) determinati paesi che sono sabbia negli ingranaggi dello sviluppo capitalistico.” (cit. dal secondo documento prodotto dalla militant)
La lotta di classe si è dunque trasforma in lotta tra stati.

Il nostro internazionalismo, che assumiamo come bussola orientativa e non come dogma religioso, è, proletario nel senso più preciso e ampio del termine e si ricollega a tutte le esperienze operaie e popolari di lotta allo sfruttamento capitalista, all’oppressione statale e patriarcale. Proprio per ciò, la lotta di classe non intendiamo confinarla nella sola dimensione nazionale che vediamo essere sempre più cara a certi ambienti fino a farla diventare un’istanza nazionalista (magari anche “progressista”) che va viepiù combaciando con la vecchia istituzione borghese dello stato-nazione.

Se questo è il livello del dibattito politico e delle posizioni espresse dal movimento si capisce bene il perché non si riesca ad uscire da una trita autoreferenzialità e da una sostanziale inefficacia.


Roma, settembre 2012



CENTRO DOCUMENTAZIONE ANTAGONISTA –LA TALPA

Uomo contro Uomo

Si è da poco conclusa la mobilitazione nazionale delle donne. Le nefandezze di un vecchio maiale al governo hanno avuto l’effetto positivo di richiamare una parte cospicua della popolazione a interrogarsi su di sé. Alcune donne (artiste, intellettuali, in genere borghesi) si sono fatte megafono di un sentimento che scorre nel Paese, altre donne (moltissime a vedere le immagini) gli hanno dato corpo, fantasia e contenuto e le piazze si sono riempite di sana indignazione, della voglia di emergere che coglie tutte e ciascuna. Non staremo qui a pronunciare parole su vecchi e nuovi femminismi o a intrometterci strumentalmente in polemiche che non ci riguardano e che hanno accompagnato la gestazione (è il caso di dirlo!) delle manifestazioni di oggi. Quando le donne si muovono è solito sollevarsi un vespaio di culture retrive, di politicantismo mascherato, di patriarcato camuffato, di oscurantismo variopinto e quant’altro, anche a sinistra - figuriamoci se la piazza fosse stata separatista come giustamente avveniva negli anni Settanta?! Non staremo a ripetere le cronache che domani invaderanno i giornali con maggior dovizia di particolari di quanto si potrebbe far qui. Né trarremo alcuna generalizzazione sul movimento femminista/delle donne che lasciamo al movimento stesso, in tutta la sua policromia. L’elemento nuovo e che ha colpito un po’ tutti/e è stata la diretta chiamata in causa degli uomini, invitati a partecipare apertamente. Ma chiamati anche a riflettere sull’immagine e sulla sostanza dell’essere maschile sulla sua rappresentazione. No gli uomini non sono tutti vecchi maiali pieni di soldi pronti a circuire la prima ragazzina con la merda in testa o qualche disadattata, non sono solo gli sguardi unti lanciati con offesa indecente per la strada o su un autobus, o in un luogo di lavoro o di svago. Non sono solo lo stupro (della moglie, della sconosciuta, della nipote, della zia, di chicchessia), la molestia, la battuta al sapore di cazzo, il sorrisetto idiota e allusivo, il ricatto quotidiano e la sovradeterminazione perenne. No gli uomini non sono solo questo. Ma sono anche questo. Sono anche peggio. E questo lo sono solo gli uomini.

Una soggettività femminile è potuta sorgere sotto un regime di oppressione quotidiana e complessiva che invade tutti gli ambiti della vita. È potuta nascere e generalizzarsi nel corso del Novecento, nella lotta di liberazione dall’oppressione patriarcale. Le donne hanno imparato a riconoscersi, a parlarsi, ad agire e a crescere contro e nonostante gli uomini e una cultura diffusa tutta al maschile. In qualche modo l’oppressione patriarcale ha offerto la possibilità che una soggettività (il pensiero e la coscienza di sé) del femminile potesse sorgere e consolidarsi e offrire a tutta la Specie se non già una via differente per vivere su questa Terra, una critica radicale dell’esistente e dell’esistenza, quella pubblica così come quella privata e addirittura intima.

Chiedete pure agli uomini di essere solidali, molti lo saranno, chiedete che scendano in piazza, loro ci saranno, chiedete che riflettano e che imparino ad ascoltare, faranno anche questo. Ma non chiedete di esprimere una loro soggettività positiva come genere e indipendente dalla battaglia femminista. Non possono. A differenza delle donne gli uomini, fin’ora, hanno imparato a riconoscersi come genere non in una lotta per la libertà o nella critica al dominio, ma nell’oppressione patriarcale stessa: da quando, più di 5.000 anni fa, hanno imposto la proprietà paterna sui figli (quindi sulle madri) e contemporaneamente infilavano i primi paletti nel terreno per delimitare, per la prima volta, la proprietà privata. La consapevolezza di appartenere a un genere gli uomini l’hanno interiorizzata nell’irreggimentazione militare, nelle caserme, nelle guerre, nella costruzione di sistemi di potere a loro uso e consumo, nell’aver convito che, in alternativa alla violenza quotidiana, al massimo si possa cedere una parità che non può e non ha motivo di esistere, ma utile a sedare ogni differenza eversiva. Gli uomini si riconoscono come tali quando gli viene messa una divisa addosso, un elmetto in testa e un fucile in mano, quando devono difendere la propria femmina da un altro maschio o quando, complici, si scambiano un colpo di gomito nelle chiacchiere da bar. Non chiedete agli uomini ciò che non sono. Chiedete ciò che possono: disponibilità ad imparare e a non star zitti. Chiedete quello che possono, perché ogni uomo ha la possibilità di liberarsi dalla misera caricatura di se stesso che gli viene offerta e che spesso assume e ripete. Ne ha possibilità se ingaggia una lotta profonda millenni contro sé, contro il suo portato storico, contro il potere patriarcale/autoritario/capitalista che ha costruito e di cui tutt’oggi si giova (e si pente). Ogni uomo se lo vuole può imparare dalla critica femminista che logiche di superiorità/inferiorità competizione/dominio non permettono di capire alcunché e deperiscono l’umana persona. La libertà infinita è una lotta seria, anche contro sé, di ciascun uomo contro ogni uomo.