giovedì 13 settembre 2012

Una gioventù sana

14 dicembre 2010. Alla Camera e al Senato si vota la fiducia al governo presieduto da Silvio Berlusconi. Mentre nelle stanze del potere si schiudono squallide parentesi di (dis)onorevoli comprati, venduti, regalati e prestati, di finiani che fanno a schiaffi tra di loro, fuori, decine e decine di migliaia di persone venute da tutta Italia sfilano per le vie del centro. Un lunghissimo corteo composto principalmente da ragazzi e ragazze, che hanno voglia di mostrare tutta la loro indignazione verso un potere sordo e corrotto. Sulle prime, tra i manifestanti, gira voce che la Camera ha sfiduciato, pochi minuti dopo, invece, arriva presto la smentita e i volti sorridenti mutano in facce serie. C’è qualcosa da fare. Roma, si sa, è una città disseminata di cantieri perenni e asfalti sconnessi, così diventa facile attrezzare l’occorrente. A piazza del Popolo, qualcuno, da un grande camion, cerca di far continuare il corteo, ma qualcun altro ha qualcosa di più importante da fare e s’incammina per via del Corso, verso Montecitorio. Le strade sono blindate, i gendarmi pascolano e attendono, ma non a lungo. A passo veloce, infatti, arrivano i primi manifestanti e poi gli altri, tutti gli altri. Qui termina l’effetto della droga della delega. Ognuno agisce direttamente, come può, come vuole, come sa, portando dentro mille motivi per scagliare più forte e più lontano, per prendere meglio la mira. Tutto l’occorrente è a portata di mano. Dalle lotte in Campania contro discariche tumorali e inceneritori al veleno s’impara velocemente che un fuoco d’artificio, per esempio, se lanciato in orizzontale, può essere altrettanto spettacolare, anche di giorno. Anche le geometrie cambiano, e si scopre che tanti oggetti posti in verticale possono riposare comodamente se sdraiati o piegati di 90°, potendo così assumere, finalmente, una loro pubblica utilità.

Poi arriva la polizia con la sua violenza scientifica e organizzata: lacrimogeni lanciati dai tetti, cariche, manganelli, autoblindo che corrono sulla folla e quant’altro.

Al di là delle cronache, il fatto non sono gli scontri, previsti e prevedibili, né la fiducia al governo, anch’essa prevista e prevedibile, ottenuta grazie all’infamia di qualche deputato prezzolato. No, il fatto riguarda il protagonismo di chi non si fida più o non si è mai fidato. Non è solo un governo a essere sfiduciato, ma è il meccanismo democratico a essere messo in forse. Non ci sono deputati amici. Non ci sono partiti amici. Non c’è un attore migliore dell’altro, ma tutto un teatro da destrutturare e divellere.

Finalmente svincolata dal riformismo asfissiante dei radicali di sinistra, una gioventù sovversiva si affaccia sulla scena e utilizza gli strumenti antichi della lotta di classe. Sono solo esercizi ginnici. Stiracchiamenti muscolari. Prove tecniche. Per ora.

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