Kronstadt 1921-2011: Bagliori di socialismo e
libertà
Il
1° marzo del 1921 a Kronstadt la rivoluzione russa riappariva in superficie, per
la quarta volta in quindici anni. Non più solo contro lo zar, né contro i
conciliatori, ma sempre per il socialismo e questa volta contro il potere
bolscevico. Cogliere quello che accadde a Kronstadt non è possibile senza
riferirsi all’esperienza concreta vissuta nella tumultuosa isola del Golfo di
Finlandia. Concepita dagli zar come isola fortificata per presidiare un attacco
dal mare alla capitale, essa avrebbe finito per rappresentare l’avanguardia
della rivoluzione in un crescendo vorticoso.
All’appuntamento
del 1905 i marinai della fortezza sono presenti, ma il loro ammutinamento nel
crogiolo della prima rivoluzione russa non rappresenta ancora alcuna
particolarità rispetto ad altri avvenuti in tutta la flotta, tra cui quello
famosissimo dell’incrociatore Polùmkin: è pienamente inserita nella corrente
rivoluzionaria con tutte le immaturità di quel primo tentativo. Ma il
soffocamento della rivoluzione porta con sé a capo della guarnigione dell’isola
l’ammiraglio Viren, con il compito di ripristinare l’ordine tra i marinai e gli
abitanti dell’isola imponendo una disciplina severissima e odiosa. Confidando
nella capacità del suo ammiraglio di “ridurre alla ragione” i più riottosi e
recalcitranti, lo zar farà trasferire a Kronstadt molti soldati distintisi tra i
rivoluzionari, al fine di punirli e piegarli. La mossa si sarebbe rivelata
decisamente improvvida: sotto la cortina della disciplina apparente si
diffondevano e confrontavano idee di cambiamento radicale, che al momento
critico sarebbero germogliate nel processo rivoluzionario. Nel ‘17, infatti,
quello di Kronstadt fu tra i primi soviet a costituirsi, distinguendosi da
subito per le posizioni molto radicali.
In
prima fila nelle drammatiche giornate di luglio, determinati contro il tentativo
reazionario di Kornilov in settembre, pienamente coinvolti nella rivoluzione di
Ottobre, i marinai di Kronstadt si guadagnarono così da Trotsky l’appellativo di
“onore e gloria” della rivoluzione. Eppure non è lecito pensare a Kronstadt in
ogni circostanza e su ogni questione come ad un fiore all’occhiello bolscevico,
ché anzi vi furono ragioni di differenza e di attrito molto importanti. Nel
giugno del ‘17 il soviet di Kronstadt proclama l’indipendenza della cittadella,
certo segnalando così la propria diversità dall’allora ancora troppo moderato
soviet di Pietrogrado, ma soprattutto riflettendo una spinta anticentralista e
federativa che provocò un certo imbarazzo tra i bolscevichi della cittadella e
critiche da quelli della capitale; dopo l’Ottobre a Kronstadt continua a
funzionare e si rafforzò una rete di comitati di palazzo, di officina, di unità
militari e navali che, intrecciandosi con il soviet, ne articolavano l’attività:
dall’amministrazione delle case e delle officine, alla iniziale socializzazione
dell’orticoltura isolana, aspetti che suscitarono polemiche durissime da parte
della minoranze bolscevica in seno al soviet dì Kronstadt.
Il
1918 rappresenta un turning point: i bolscevichi nel volgere di tre mesi vedono
la loro rappresentanza al soviet locale passare da quasi la metà a meno di un
terzo, a vantaggio di altre organizzazioni rivoluzionarie (dai
socialrivoluzionari di sinistra, ai socialrivoluzionari massimalisti, agli
anarchici, ai menscevichi internazionalisti). Otterranno la maggioranza in seno
al soviet alcuni mesi più tardi grazie alla bolscevizzazione dei soviet, in
virtù della quale vengono semplicemente espulse tutte le componenti di
opposizione. L’apparente ed effimera docilità di Kronstadt da allora in poi fu
dovuta al contraccolpo immediato della sconfitta della democrazia sovietica, ma
si combinò anche molto alla convinzione che le circostanze eccezionali della
guerra civile rendessero necessario mettere da parte dissidi e polemiche per far
fronte comune nella lotta alla controrivoluzione. Perciò la conclusione della
guerra civile all’inizio del ‘21 fu vista da importanti settori come la fine
delle misure eccezionali che il governo bolscevico aveva adottato e la possibile
ripresa della democrazia sovietica, d iure et de fàcto soppressa. Nella capitale
pareva sempre più insopportabile il regime dei razionamenti, dei commissari e
della Ceka e nel febbraio del ‘21 si verificarono scioperi in parecchie officine
.Colpiti da queste notizie i marinai di Kronstadt decidono l’invio nella
capitale di una delegazione che raccolga informazioni e riferisca. La
delegazione trova una città ingessata dalla ripresa del controllo da parte della
Ceka, che palesemente presidia le fabbriche: gli operai restano perlopiù
silenziosi e intimiditi di fronte alle domande della delegazione; solo uno
denuncia la totale soppressione di libertà e il potere pervasivo dei commissari.
Il rapporto della delegazione di fronte agli equipaggi riuniti della Sebastopol
e della Petropavlovsk, le corazzate di stanza a Kronstadt, indignai marinai che
alla fine dell’assemblea approvano con due sole astensioni la risoluzione in
quindici punti che qui riproduciamo:
“Udito
il rapporto dei rappresentanti dei marinai mandati a Pietrogrado dall’assemblea
generale degli equipaggi per accertare la situazione, noi
chiediamo:
1.
che in considerazione del fatto che i Soviet attuali non esprimono la volontà
degli operai e dei contadini, si tengano immediatamente nuove elezioni a voto
segreto, con libertà di propaganda preliminare per tutti gli operai e i
contadini;
2.
libertà di parola e di stampa per gli operai e i contadini, per gli anarchici
per
i partiti socialisti di sinistra;
3.
liberta di riunione per i sindacati e le associazioni contadine;
4.
che sia convocata, non oltre il 10 marzo 1921, una conferenza apartitica di
lavoratori, di soldati dell’Armata rossa e di marinai di Pietrogrado, di
Kronstadt e della provincia di Pietrogrado;
5.
la liberazione di tutti i prigionieri politici dei partiti socialisti e di tutti
gli operai e contadini, soldati dell’Armata rossa e marinai imprigionati in
relazione ai moti della classe operaia e dei contadini;
6.
l’elezione di una commissione
incaricata di riesaminare i casi delle persone detenute in carcere e nei
campi di concentramento;
7.
l’abolizione di tutti gli uffici politici, perché nessun partito deve godere di
privilegi speciali nella propaganda delle sue idee e ricevere fondi dallo Stato
per questo scopo; invece di questi Uffici, si devono istituire commissioni
culturali-educative elette localmente e finanziate dallo Stato;
8.
l’abolizione immediata di tutti i blocchi stradali;
Insorti della marina imperiale zarista, equipaggio della
nave Petropavlovsk
(Петропавловск), in Finlandia prima di
partecipare alla rivolta di Kronstadt
9.
la parificazione delle razioni di tutti i lavoratori, ad eccezione degli addetti
a lavori dannosi per la salute;
10.
l’abolizione dei distaccamenti comunisti di combattimento in tutte le unità
militari e delle guardie comuniste in servizio nelle fabbriche e negli
stabilimenti; se di questi distaccamenti
e guardie ci fosse bisogno, potrebbero essere scelti dalle compagnie nelle
unità militari e a discrezione degli operai nelle fabbriche e negli
stabilimenti;
11.
che ai contadini sia dato il diritto e la libertà di usare la terra come meglio
credono e anche il diritto di avere il bestiame che sono in grado di mantenere e
custodire da soli, cioè senza l’uso di manodopera salariata;
12.
chiediamo che tutte le unità militari e anche i compagni kursanly (gli allievi
ufficiali) approvino la nostra risoluzione;
13.
chiediamo che a tutte le risoluzioni si dia ampia pubblicità sui
giornali;
14.
chiediamo la nomina di un ufficio itinerante di controllo;
15.
chiediamo che sia consentita la libera produzione artigianale di chi lavora in
proprio.
L’indomani,
1 marzo, la stessa risoluzione viene presentata discussa in un’assemblea
cittadina, cui prendono parte almeno 15.000 persone. Tra queste, accolti con gli
onori ufficiali, vi sono anche due inviati del partito bolscevico, i quali
esprimono immediatamente la contrapposizione del partito alle richieste dei
marinai, rendendo evidente che mancava qualsiasi volontà di mediazione.
L’adozione a larghissima maggioranza della mozione de marinai apre la strada
alla conformazione di un comitato rivoluzionario provvisorio, inizialmente di
cinque componenti, poi allargata a quindici per cooptazione. La quarta
rivoluzione russa era cominciata. L’indomani la cittadella è totalmente nelle
mani degli insorti. Immediata, parte la campagna bolscevica per isolar Kronstadt
da Pietrogrado e dal resto dell’Unione: un profluvio di menzogne si abbatte
sugli insorti, mentre i loro familiari vengono arrestati e presi in ostaggio.
Disperatamente
gli insorti, sulla stampa delle Izsvestija di Kronstadt e negli appelli radio,
smontano le accuse di essere al servizio della controrivoluzione, rivendicano il
carattere socialista delle loro rivendicazioni, spiegando che il loro programma
vuole l’autentico esprimersi del potere dei soviet, nella libertà e nella difesa
delle conquiste della rivoluzione. Ma non riescono ad estendere la loro
rivoluzione oltre la roccaforte, impediti a portare il loro messaggio al di
fuori dell’isola, a causa delle inconseguenze delle correnti rivoluzionarie,
oltre che dello strettissimo filtro bolscevico. Un fatto gravido di conseguenze
negative, che renderanno più semplice la repressione che i bolscevichi stavano
preparando. Nel frattempo la situazione si fa di ora in ora più tesa. I
bolscevichi paiono sempre più determinati a reprimere: il loro statalismo non
ammette critiche, né prevede di relazionarsi a questa rivoluzione, per
rintracciare in essa le energie per superarsi. Altri bolscevichi, centinaia di
abitanti e marinai di Kronstadt, nelle stesse ore decidono di uscire dal partito
in cui avevano creduto o vi restano schierandosi apertamente con l’insurrezione.
Il tentativo di mediazione degli anarchici Emma Goldman e Berkman in queste
condizioni è destinato a naufragare sul nascere. Il 7 marzo sotto il comando di
Tuchaèevsky iniziano le operazioni militari contro Kronstadt.
Il
X congresso bolscevico, che si riunisce in quei giorni, approverà all’unanimità
l’invio di un quarto dei delegati per contribuire ad espugnare la fortezza. Ben
60.000 uomini fronteggeranno la cittadella rivoluzionaria cercando di avanzare
sul ghiaccio del golfo di Finlandia, incalzati da tergo dalle mitraglie della
Eeca indente a dilaniare i corpi di chi si ritirava. Con perdite gravissime e
dopo dodici giorni di reiterati attacchi le truppe governative irrompevano nella
cittadella, sparando casa per casa, massacrando chiunque, anche molti tra gli
arresi cosi come poi sarebbe accaduto ai familiari presi in ostaggi. Il resto lo
avrebbero fatto i tribunali e le sezioni della Eeca. I vincitori saranno
minuziosamente attenti a cercare di disperdere la memoria; il soviet della
cittadella che aveva innalzato nel proprio vessillo la consegna: “Tutto il
potere a i soviet e non ai partiti” sarebbe stato sciolto, per non essere mai
più ricostituito, sostituito da una troika di commissari bolscevichi.
La
rivoluzione socialista si forgia
Veniva
stroncato così dai bolscevichi l’ultimo tentativo della rivoluzione russa di
risollevarsi e di reagire al suo riflusso. Lo statalismo rivoluzionario dei
bolscevichi nella situazione di generale ripiegamento dell’ondata del 17, li
aveva portati a concepire solo se e nient’altro che sé quale garanzia di una
vittoria rivoluzionaria, proprio mentre non erano in grado, né volevano
riconoscere la rivoluzione che riemergeva, anzi, le si contrapponevano
frontalmente. Quella di Kronstadt fu peraltro una rivoluzione le cui
caratteristiche vanno viste più da vicino. In essa si manifestò, infatti, una
spinta evidente al socialismo, esprimentesi nella chiara carica libertaria che
la contraddistinse. Qui si evince un nodo importante: la quarta rivoluzione
russa nel rivendicare il ‘potere ai soviet e non ai partiti” esprime
l’impossibilità di realizzare il socialismo, se le classi subalterne vengono
espropriate della facoltà di autogoverno. Questo elemento molto importante non
casualmente verrà ignorato da tutti i sostenitori di Lenin e Trotsky nelle
decadi successive. Tuttavia la stessa concezione di autogoverno degli insorti
merita alcune brevi considerazioni.
Tale
era la fiducia nella insostituibilità dei soviet che i rivoluzionari di
Kronstadt vedevano in essi il solo strumento possibile; tutto ciò che non fosse
ritenuto sovietico doveva essere spazzato via, anche contraddicendo l’esigenza
democratica e libertaria che animava la rivendicazione del soviet come forma di
autogoverno: fortissima resterà la rivendicazione dello scioglimento
dell’Assemblea costituente, per eseguire il quale Kronstadt aveva fornito una
delegazione molto ampia e determinata. D’altra parte l’elemento
dell’autogoverno, per quanto caratteristico, è insufficiente per l’edificazione
di una società socialista, per il fatto che la socializzazione è l’elemento
conn0tante e fondamentale al contempo della affermazione delle basi di una
civiltà delle donne e degli uomini liberamente associati, ciò che per comodità
chiamiamo socialismo” . Sebbene nella vita quotidiana della cittadella elementi
iniziali di socializzazione fossero presenti, ad esempio nella coltivazione
degli orti urbani, in quella fitta rete di comitati di caseggiato, di fabbrica e
anche di unità militari, è interessante notare come i 15 punti di Kronstadt non
contengano in merito alla socializzazione riferimenti di alcun tipo. Le
rivendicazioni in campo sociale, paradossalmente, si fermano molto più indietro
di quanto non fosse stato larvalmente praticato dai rivoluzionari isolani dal 17
in poi. Pare quasi che i protagonisti non assegnassero alcuna importanza
qualificante a una parte importante di ciò che, pur contraddittoriamente,
avevano iniziato a fare.
Ma
il paradosso apparente trova una sua spiegazione nel fatto che se la rivoluzione
di Kronstadt fu, da un lato, l’opposto di ciò che la leadership bolscevica
l’accusava di essere, cioè una controrivoluzione al soldo dell’imperialismo,
dall’altro, essa deve non solo la sua forza, ma anche i suoi limiti proprio al
fatto di essere stata parte integrante della rivoluzione russa. La debolezza
dell’idea di socialismo che emerge dalla rivoluzione di Kronstadt, per quanto
ben più avanzata ed affascinante di quella sostenuta con il terrore rosso dai
bolscevichi deriva, insomma, proprio dal fatto che quella rivoluzione germinava
dalle tensioni positive del 17, ma ne subiva anche la debolezza socialista , o,
detto in altri termini, non aveva saputo andare oltre la richiesta di
autogoverno per affermare e praticare la centralità della socializzazione.
La
rivoluzione di Kronstadt non fu un frutto improvvisato: il suo insorgere derivò
dalla vivace presenza e anche dallo scontro di varie componenti rivoluzionarie,
che vi si svilupparono a partire dal 1905. Il particolare concentrate di
oppositori che si ritrovarono nell’isola grazie alla miope mossa dello zarismo,
citata all’inizio, creò a Kronstadt condizioni particolari, che vanno lette per
le loro implicazioni. Innanzi tutto può stupire la contraddizione tra Kronstadt
e altre cittadelle militari nelle esperienze rivoluzionarie, poiché queste
ultime mai sono state delle avanguardie nel processo rivoluzionario, quanto
piuttosto realtà di retroguardia; in generale, come ci ricorda correttamente
Rosa Luxemhurg, la disciplina militare, lungi dall’essere una scuola di
preparazione alla rivoluzione , rappresenta al contrario un elemento di
diseducazione. Tuttavia proprio la presenza concentrata di avanguardie
rivoluzionarie nell’isola riuscì a rappresentare una controspinta formidabile
alla barbarie della disciplina militare e della guerra stessa. Non deve stupire
allora il senso di differenza dei marinai di Kronstadt che, già nel 17,
deprecavano la maniera manesca degli operai di Vyhorg nell’affrontare le
differenze di opinione.
Varie
correnti avevano lavorato per lunghi anni alla preparazione della rivoluzione
nella cittadella, dai bolscevichi, ai socialrivoluzionari di sinistra, agli
anarchici, ai menscevichi internazionalisti, ai socialrivoluzionari
massimalisti. Questi ultimi rappresentano un’anomalia, perché il loro
radicamento, generalmente molto limitato, è sicuramente profondo a Kronstadt. Il
loro principale esponente, Anatoly Lamanov, verrà più volte eletto delegato ai
congressi panrussi dei soviet e dirigerà il giornale del soviet locale, le
Jzvestija di Kronstadt, conducendo il suo raggruppamento a risultati molto
importanti, arrivando nel 18 a essere la seconda organizzazione al soviet
locale, appena dietro i bolscevichi. Molto del programma dei 15 punti di
Kronstadt viene dalle posizioni di questo raggruppamento, mentre va
ridimensionato il peso, che un luogo comune vuole attribuire all’anarchismo,
sulle posizioni di Kronstadt. Infatti, se è vero che alcune rivendicazioni erano
state già innalzate dagli anarchici, la Kronstadt del 21 non si batteva contro
lo Stato in quanto tale, ma per uno Stato nelle mani dei lavoratori. Dei
bolscevichi, poi, è bene ricordare che solo dopo la bolscevizzazione dei soviet,
nel luglio 19, essi sarebbero riusciti a divenire maggioranza assoluta. In
precedenza, infatti, per quanto fossero il gruppo più numeroso, in più di una
circostanza vennero messi in minoranza. Battaglie durissime vennero combattute
in seno al soviet proprio sugli elementi di larvale socializzazione degli
immobili e dei servizi urbani, che i bolscevichi osteggiarono costantemente, o
sulla denuncia da parte del soviet di Kronstadt della repressione degli
anarchici attuata nell’aprile del 18 dal soviet di Mosca, per non ricordare la
proclamazione della repubblica di Kronstadt nella primavera del 17.
Insomma,
posizioni distinte tra correnti rivoluzionarie diverse si confrontarono e
scontrarono a Kronstadt per anni, mantenendo viva la prassi della discussione
aperta tra i settori più ampli della società civile che cercavano sempre spazi
di libertà nonostante le chiusure bolsceviche. Il concorrere di varie correnti
che discutevano, proponevano e lottavano sulle strade che la rivoluzione poteva
seguire fu un elemento preparatorio decisivo per la quarta rivoluzione.
Kronstadt insegna
Interrogarsi sul lascito di Kronstadt è molto importante per chi vuole mantenere viva e rafforzare la prospettiva del socialismo come primo passo per l’autoemancipazione. Non casualmente i vecchi marxisti rivoluzionari, e segnatamente i trotskisti nella crisi che li attanaglia, continuano a non voler imparare dagli eventi di quel drammatico 1921. Viceversa il nuovo marxismo rivoluzionario continua a cercare di estrarre lezioni vive dalle rivoluzioni, sia per la positiva sia per la negativa. In effetti, grazie in primo luogo al contributo di Dario Renzi, la posizione del nuovo marxismo rivoluzionario su Kronstadt, è assolutamente controcorrente rispetto alle posizioni classiche invalse nel marxismo rivoluzionario. La pochezza, sotto tutti i profili, di chi continua a ripetere che la repressione di Kronstadt fu una tragica necessità” si evidenzia ancor più per contrasto con il giudizio solidale con gli insorti che viene dalla corrente del nuovo marxismo rivoluzionario. Due insegnamenti in particolare ci vengono offerti a questo proposito) dal giudizio di Dario Renzi: se come speriamo di essere riusciti a dimostrare quella di Kronstadt fu una rivoluzione socialista, allora la sua repressione ad opera dei bolscevichi fu un crimine contro il socialismo e la rivoluzione, e, se la repressione avvenne in nome e nell’interesse del mantenimento del potere da parte dei bolscevichi, allora da essa possiamo estrarre fondamentali ragioni per la critica della politica, anche di quella rivoluzionaria Queste caratterizzazioni critiche sono la base sulla quale è possibile cogliere insegnamenti a positivo, per saper estrarre dalla rivoluzione di Kronstadt il suo contributo al socialismo, così come i suoi limiti.
La
proclamazione della repubblica di Kronstadt nella primavera del ‘17 non fu un
escamotage per prendere le distanze dal soviet di Pietrogrado, allora orientato
su posizioni moderate; che vi fosse anche questo può essere, ma non era
l’elemento preponderante. Quella scelta rappresentava qualcosa di più profondo,
cioè una tensione anticentralista e federativa che è al contempo espressione
della diffidenza verso un’eccessiva concentrazione di potere nell’apparato
centrale dello Stato; in questo senso da quella scelta di Kronstadt possiamo
estrarre una tensione antistatalista che la rivoluzione socialista deve assumere
al fine di disarticolare e rendere più leggero possibile lo Stato, perché possa
essere uno Stato-non Stato) che non si estingua semplicemente all’estinguersi
delle classi, ma sia invece, pena la ricostruzione di classi o ceti dominanti
per tramite dello Stato, predisposto ad estinguersi al più presto possibile,
facendosi assorbire dalla società civile.
Un
altro aspetto da sottolineare è il valore della preparazione della rivoluzione.
Molti storiografi della rivoluzione di Kronstadt , nello smentire le accuse
bolsceviche secondo cui gli insorti sarebbero stati al servizio della reazione o
avrebbero svolto un ruolo obiettivamente reazionario, insistono troppo
nell’affermare il carattere spontaneo della rivoluzione di Kronstadt. Tale
affermazione rischia di essere o un’ovvietà o un’inesattezza. Infatti, da un
lato, nessuno può stabilire l’inizio della rivoluzione, se non le masse che
decidono di mobilitarsi per la propria liberazione: nessuna eminenza grigia,
nessun partito, né tantomeno uno Stato può decretare una rivoluzione, perché
essa è un fatto agente che risponde a dinamiche obiettive nella società
profonda. Se carattere spontaneo di una rivoluzione significa che le masse
decidono di fare la rivoluzione, allora, sì, quella di Kronstadt, come ogni
rivoluzione, fu spontanea. Ma questa, appunto, è un’affermazione talmente
generale da essere in sostanza tautologica. Se si ritiene, invece, che quella di
Kronstadt, a differenza di altre, sia stata una rivoluzione spontanea si
commette un duplice errore: quello di ritenere che vi siano rivoluzioni dettate
dall’alto, decise da entità esterne ai soggetti protagonisti e quello di non
cogliere come nello specifico di Kronstadt varie correnti rivoluzionarie
avessero lavorato per preparare o rafforzare la rivoluzione. In altri termini la
rivoluzione di Kronstadt fu preparata dall’azione di differenti correnti
rivoluzionarie, di matrice marxista, populista e anarchica e tra queste dobbiamo
inserire, sub specie particulare, il partito bolscevico, prima, gran parte dei
militanti bolscevichi isolani, poi.
È
chiaro che non si può fare un segno di eguale tra esse: una cosa sono il
radicamento dei socialrivoluzionari massimalisti e l’ardore che misero nel
criticare quella che chiamavano “commissariocrazia”, altro ciò che orientò
l’attività del partito bolscevico, proteso alla detenzione del potere con il
terrore rosso. Ma la rivendicazione: “Tutto il potere ai Soviet e non ai
partiti!”, aspetto centrale della volontà di autogoverno, se era stata lanciata
dai socialrivoluzionari massimalisti e condivisa dagli anarchici, era in
sintonia con la consegna centrale dei bolscevichi sfociata dalle Tesi di aprile.
Certo, i bolscevichi nella loro involuzione statalista correggeranno la
consegna, argomentando che non potesse esistere potere sovietico senza il loro
partito, ma Tutto il potere ai soviet!” era la parola d’ordine che ne aveva
accompagnato la crescita tumultuosa e che aveva marcato l’adesione o l’appoggio
di milioni di persone. Questo spiega anche perché una grande parte degli
aderenti al partito bolscevico di Kronstadt ne uscirà nel fuoco
dell’insurrezione del marzo 1921. Se dunque alle forze rivoluzionarie di
Kronstadt va riconosciuto, pur con differenze molto accentuate il merito della
preparazione della rivoluzione del ‘21, ad esse dovremo riferirci anche per
individuare carenze e limiti di quell’esperienza. Mentre assumiamo il punto di
vista degli insorti, schierandoci centro il partito bolscevico e rivendicando la
rivoluzione di Kronstadt, proprio per questo, anzi, non possiamo sottacere i
limiti di quella rivoluzione e della sua direzione composita.
Un
primo aspetto sta nella mancata considerazione della socializzazione come
aspetto centrale, laddove i 15 punti quando esulano da aspetti più direttamente
inerenti l’autogoverno, si limitano a rivendicazioni assai elementari, non
proponendo nemmeno l’estensione di quell’inizio larvale di socializzazione che a
Kronstadt, pur contraddittoriamente, si era dato. Ma il limite probabilmente più
evidente della rivoluzione di Kronstadt non fu al suo interno, quanto nella sua
mancata estensione territoriale. Fu un problema serissimo l’assenza di una
direzione in grado di favorire l’estendersi della rivoluzione, combattendo colpo
su colpo le calunnie dei bolscevichi e capace di spingere sulla strada di
Kronstadt. Diciamo ciò non tanto e solo per muovere una critica
all’inconseguenza su questo terreno da parte dei raggruppamenti che nell’Urss
continentale sostenevano gli insorti, quanto per segnalare l'insostituibilità di
una direzione conseguente della rivoluzione. Il che rimanda ancora una volta
alle responsabilità dei bolscevichi per non aver voluto, né saputo accogliere la
sfida di Kronstadt, da cui avrebbe potuto derivare una straordinaria energia per
risollevare le sorti della rivoluzione russa e probabilmente cambiare il corso
della storia
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