laMalatesta condivide, pubblica e
sottoscrive il documento del Centro di Documentazione Antagonista "la Talpa" di
Roma sulla questione emersa in questi giorni sulle Pussy
Riot
(originale
in www.talpalab.blogspot.com)
BREVI CONSIDERAZIONI SULLE PUSSY RIOT E SUI FARI DEL
DOGMATISMO CHE ACCECANO ANCORA ALCUNI COMPAGNI E
COMPAGNE.
Il
caso delle Pussy Riot (PR), ha prodotto, soprattutto a Roma, una serie di
esternazioni che riteniamo gravi e ingenerose e in alcuni casi pericolose.
Lontani dal voler fare la lezione a qualcun altro, ci sentiamo in dovere di
prendere posizione pubblicamente. Non è
la prima volta che un avvenimento isolato, di per sé poco significativo, generi
sommovimenti mediatici e politici, tali da chiamare in causa ogni solidale. Non
entreremo neanche nel merito di come una situazione possa essere
strumentalizzata o addirittura infiltrata, troppo bisognerebbe scrivere, ma
sicuramente quando si fanno accuse più o meno velate bisognerebbe quantomeno
fornire delle prove documentate e non lasciarsi andare a facili quanto stupide
illazioni, perché questo ci disarma verso situazioni reali ambigue che purtroppo
esistono.
Sappiamo
poco delle PR, se non ciò che ognuno di noi ha potuto filtrare dagli apparati
mass mediatici. Ma sappiamo abbastanza sullo Stato Russo e sulla sua natura e la
sua attitudine imperialista, autoritaria e clerico-fascista, per non provare
un’istantanea simpatia con chi, giovane e irriverente, ha scelto la strada
dell’aperta contestazione, provocatoria e, tutto sommato, pacifica. Lontani dal
voler proporre un’esegesi del PR-pensiero o dal fornire una critica-anti-critica
del modo che hanno scelto per inscenare la loro protesta, ci rendiamo però conto
che la piccola provocazione punk-femminista-situazionista ha suscitato, come
spesso accade, una serie di reazioni che sono andate molto al di là della
vicenda stessa. Basti pensare che giorni fa, in Russia, un serial killer
ha ucciso 2 donne e ha scritto free pussy riot sul luogo del delitto.
Non
ci prestiamo a impantanarci nella vacua e francamente squallida e volgare
polemica estiva che ha coinvolto alcune aree del cosiddetto “movimento”, che in
un calderone senza capo né coda hanno infilato un po’ tutto, mostrando una
confusione latente e un disorientamento di fondo, che alimenta nuovi pasticci
interpretativi e che favorisce l’incunearsi di atteggiamenti reazionari e
bigotti, nonché l’affacciarsi di tendenze rosso-brune. La riflessione, però, si
apre da sé, andando ben oltre la vicenda delle PR e coinvolge alcuni irrisolti
sui quali le italiote sinistre (estreme e non) continuano a
incaponirsi.
Ebbene,
la critica femminista (di cui le PR si sono fatte a loro modo portatrici), con
tutte le sue sfumature, come al solito, infastidisce e suscita reazioni
scomposte, lasciando balbuzienti presunti lottatori di classe, spesso più
inclini ad accodarsi alle burocrazie sindacali che ad agire direttamente.
Riteniamo invece che, in un regime che si configura tanto patriarcale quanto
capitalista, la critica di genere, nella sua autonomia, possa arricchire e
contribuire a un deciso passo in avanti nella liberazione dallo sfruttamento del
capitale, come, d’altra parte, siamo convinti e convinte che l’analisi di classe
possa sostenere la determinazione femminista, soprattutto nelle sue correnti
rivoluzionarie e antiborghesi. Pur non essendo tutti noi necessariamente
marxisti, rivendichiamo alcuni assunti del materialismo-storico per i quali, più
di 5.000 anni fa, proprietà privata della terra e dei mezzi utili alla
produzione e dominio patriarcal-famigliare sorsero, non a caso, insieme e, da
questo punto di vista, orientiamo le nostre forze interpretative.
La
spocchia pretestuosamente classista e presuntamente anti-imperialista, ma in
realtà incapace di cogliere le contraddizioni di fondo del modo in cui viviamo,
continua ad arenarsi e infrangersi su questi scogli. Come d’altronde non riesce
a uscire dalla logica banale per la quale il nemico del mio nemico sia in
qualche modo mio amico, fino a ritrovarsi a braccetto con qualche dittatorello
in nome di non precisate convergenze geopolitiche o giustificazioni d’altro
tipo. La critica antimperialista come la scienza geopolitica meritano uno sforzo
intellettuale maggiore di ciò che, in questi giorni, leggiamo in
rete.
Non
diamo lezioni a nessuno tanto meno ci interessa coinvolgere chicchessia nelle
nostre riflessioni, ma non possiamo tacere di fronte a tanto minimalismo teorico
e a un tale riduzionismo delle esperienze e delle idee. Rimaniamo sorpresi/e (ma
non troppo) da un utilizzo così disinvolto di suggestioni interpretative che
elevano un lessico destrorso ad assunti materialistici. L’oscenità pratica e
intellettuale di voler confondere la terminologia tanto cara all’estrema destra,
quale occidente e occidentale (che, di per sé, sono solo
una limitata e imprecisa espressione geografica) con una categoria
interpretativa ci lascia perplessi, poiché apre all’infiltrazione del cancro
rosso-bruno che, proprio, su tale confusione, fa sempre più leva per proporsi
negli ambiti antagonisti, coincidendo spesso con cripto-stalinismi tanto
ridicoli quanto sempre più spudoratamente reazionari. Del resto, ci sembra che
abbiano ben poco di classista e leninista
affermazioni come la seguente: “Quanto all’antimperialismo, è la diretta
conseguenza della scomparsa del concetto di lotta di classe nei movimenti.
L’antimperialismo infatti altro non è che lotta di classe declinata a livello
internazionale, la lotta di classe fra paesi. E’ ovvio dire che Russia, Cina e
Stati Uniti condividono il medesimo sistema di produzione e di asservimento che
combattiamo. Meno ovvio è dire che, fra questi, si sta giocando una lotta di
classe evidente fra un polo imperialista occidentale e uno orientale, in cui
però quello orientale ha l’oggettiva funzione di proteggere (per suoi scopi)
determinati paesi che sono sabbia negli ingranaggi dello sviluppo
capitalistico.” (cit. dal secondo documento prodotto dalla militant)
La lotta di classe si è dunque trasforma in lotta tra stati.
Il nostro internazionalismo, che assumiamo come
bussola orientativa e non come dogma religioso, è, proletario nel senso più preciso e ampio
del termine e si ricollega a tutte le esperienze operaie e popolari di lotta
allo sfruttamento capitalista, all’oppressione statale e patriarcale. Proprio
per ciò, la lotta di classe non intendiamo confinarla nella sola dimensione
nazionale che vediamo essere sempre più cara a certi ambienti fino a farla
diventare un’istanza nazionalista (magari anche “progressista”) che va viepiù
combaciando con la vecchia istituzione borghese dello stato-nazione.
Se questo è il livello del dibattito politico e delle posizioni
espresse dal movimento si capisce bene il perché non si riesca ad uscire da una
trita autoreferenzialità e da una sostanziale inefficacia.
CENTRO DOCUMENTAZIONE ANTAGONISTA –LA TALPA
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